La Sezione di Frosinone ha avuto l’onore di ospitare in occasione della riunione tecnica obbligatoria del 15 maggio l’assistente CAN A Giulio Dobosz, il quale ha da poco tagliato il traguardo delle 100 presenze nella massima serie. Nel corso della riunione Dobosz ha affascinato i presenti con una dialettica semplice ma al tempo stesso travolgente in quanto non ha trattato in maniera semplicistica l’argomento del fuorigioco, ma lo ha introdotto per poi concentrare l’attenzione sulla figura dell’arbitro e su come la società contemporanea è in grado di concepirla. Al giorno d’oggi essere arbitri è una grande responsabilità perché anche fuori dagli impianti sportivi siamo chiamati ad avere professionalità e comportamento impeccabile: il problema è riuscire a far comprendere a chi ci circonda la realtà del mondo arbitrale. Sempre più spesso sono proprio i telecronisti e i giornalisti a rivolgere al pubblico un messaggio di critica circa l’operato di arbitri e di assistenti commentando in maniera errata non solo falli di gioco, ma nella stragrande maggioranza dei casi valutazioni di fuorigioco.
Utilizzando materiale audiovisivo riguardante gare di serie A, Dobosz ha richiamato l’attenzione dei presenti sulla facilità e sulle modalità con le quali viene distorta la realtà dei fatti: la segnalazione di fuorigioco da parte dell’assistente, durante la competizione calcistica, viene giudicata, corretta o errata, da telecronisti che ripropongono l’azione sfruttando linee immaginarie che alcune volte non rispecchiano i canoni classici per la concretizzazione del fuorigioco: in questo modo, l’attaccante sanzionato giustamente per la sua posizione irregolare diventa ,agli occhi di un pubblico meno esperto, un giocatore al quale è stata negata dalla terna arbitrale la possibilità di segnare una rete. È molto importante, soprattutto per i giovani arbitri, riuscire a maturare una capacità di critica perché non è possibile credere in maniera assoluta a tutto ciò che ci viene dato per buono: il consiglio dell’ospite è quello di vedere le partite senza l’audio in modo da imparare a giudicare in maniera autonoma situazioni di gioco così come le osserviamo. A fine riunione l’ospite ha dimostrato tutta la sua disponibilità rispondendo a domande poste da molti dei presenti circa il suo percorso come assistente arbitrale: ogni gara calcistica racchiude in sé un’emozione unica ed indescrivibile e dagli errori si può solo imparare a migliorare. Un vero arbitro non potrà mai avere la presunzione di definirsi completo: come in tutte le cose che la vita ci pone dinanzi, anche in questo ambito, solo con umiltà, sacrificio e dedizione sarà possibile ottenere e raggiungere obiettivi importanti per crescere come arbitri ma soprattutto come uomini.